
Morto un papa se ne fa un altro (uguale)
Il detto “morto un papa se ne fa un altro” significa che nessuno è insostituibile, nemmeno una persona apparentemente di grande importanza come il Papa. Quando una figura rilevante scompare, un’altra può prendere il suo posto senza che il mondo si fermi o si blocchi. Questo proverbio sottolinea con ironia e sarcasmo il fatto che tutti, per quanto si sentano unici o indispensabili, possono essere sostituiti.
L’origine del detto è legata al contesto romano e alla Chiesa cattolica, dove alla morte di un Papa segue sempre l’elezione di un successore tramite il conclave. Questo evento ha ispirato la metafora popolare per indicare che anche chi sembra insostituibile, come il Pontefice, viene comunque rimpiazzato, e quindi vale lo stesso per chiunque altro nella vita quotidiana o nelle varie sfere sociali e lavorative.
Il proverbio viene usato spesso in modo sarcastico per ridimensionare chi si crede troppo importante o indispensabile, ricordando che la vita continua e che il cambiamento è inevitabile e spesso benefico.
Esistono anche in altre culture, spesso legate a figure di potere o a situazioni di successione.
Un esempio storico e culturale molto noto è la locuzione francese “Le roi est mort, vive le roi!” (“Il re è morto, viva il re!”), usata per annunciare la morte di un sovrano e la contemporanea salita al trono del successore, sottolineando la continuità del potere senza vuoti.
Al di là di questo, molte culture hanno modi di dire e espressioni idiomatiche che riflettono concetti simili di sostituibilità e continuità, anche se con immagini diverse. Ad esempio, esistono espressioni idiomatiche che usano metafore legate al mondo naturale o alla vita quotidiana per indicare che qualcosa continua o si rinnova, come in Spagna “se non è zuppa è pan bagnato” (se non c’è una cosa, c’è l’altra), o in inglese “third time’s the charm” per indicare la perseveranza e il ripetersi di eventi.
Tuttavia, nessuna delle fonti specifica un’espressione esatta corrispondente a “morto un papa se ne fa un altro” in altre lingue, ma il concetto di sostituzione immediata e naturale di una figura importante è presente in diverse culture, spesso legato a monarchie o figure di autorità.
Ad esempio, si può sentire in ambiti lavorativi, politici o sociali per sottolineare la continuità di ruoli, cariche o posizioni di potere, anche quando chi li ricopriva sembrava insostituibile. Il proverbio viene usato in modo ironico o pragmatico per ricordare che la vita e le organizzazioni vanno avanti, e che il cambiamento è naturale.
All’interno della Chiesa Cattolica, il detto “morto un papa se ne fa un altro” non è propriamente un’espressione teologica o dottrinale, ma piuttosto un modo di dire popolare che riflette la realtà istituzionale della Chiesa: alla morte di un Papa segue sempre l’elezione di un successore, garantendo la continuità del ministero petrino e della guida della Chiesa.
La Chiesa cattolica infatti considera il papato come un ufficio istituzionale e spirituale che non si interrompe mai, poiché il Papa è il successore di Pietro, cui è stato conferito da Cristo il primato di guida sulla comunità cristiana (Mt 16,18-19). Questo primato si trasmette senza soluzione di continuità da un pontefice all’altro, assicurando la stabilità e l’unità della Chiesa.
Per la Chiesa, il fatto che “se ne faccia un altro” non è un semplice fatto pratico ma espressione della sua natura soprannaturale e della presenza dello Spirito Santo che guida la comunità e il Collegio dei Cardinali nell’elezione del nuovo Papa, come segno della continuità della missione ecclesiale.
Ecco un confronto del detto “morto un papa se ne fa un altro” con esempi di successione nelle religioni Islamica, Induista e Buddista, che riflettono analoghi concetti di continuità e sostituzione di figure spirituali o politiche di rilievo.
Islam
– Successione del Profeta Maometto: Dopo la morte di Maometto, la comunità musulmana affrontò la questione di chi dovesse guidarla. I sunniti accettarono la scelta elettiva di Abu Bakr come primo califfo, mentre gli sciiti sostenevano che Ali, cugino e genero di Maometto, fosse il successore designato divinamente.
– Califfato e continuità: Come per il papato cattolico, il califfato rappresentava la guida politica e spirituale dell’Ummah; alla morte di un califfo ne seguiva l’elezione o designazione di un successore, garantendo la continuità. Tuttavia, la successione non era sempre lineare o pacifica, con divisioni e lotte di potere.
– Confronto: Anche qui si riflette l’idea che, pur con forti tensioni, la guida della comunità musulmana continua con un nuovo leader, simile al detto italiano che sottolinea la sostituibilità della figura di vertice.
Induismo
– Discendenza spirituale (Guru-Parampara): Nell’induismo, la trasmissione della guida spirituale avviene tramite una catena di guru e discepoli, chiamata guru-parampara. Quando un guru muore o lascia il corpo, il suo discepolo designato ne prende il posto per continuare la tradizione e gli insegnamenti.
– Successione non centralizzata: A differenza del papato o del califfato, non esiste un’unica figura suprema per tutta la religione, ma molte linee di guru e maestri spirituali.
– Confronto: L’idea che alla morte di un maestro spirituale ne subentri un altro incaricato di portare avanti la missione ricorda il detto “morto un papa se ne fa un altro”, ma in un contesto più diffuso e meno istituzionalizzato.
Buddhismo (in particolare buddismo tibetano)
– Successione del Dalai Lama: Il Dalai Lama è considerato una reincarnazione del bodhisattva della compassione. Alla sua morte, si cerca il bambino che ne è la reincarnazione per continuare la guida spirituale.
– Controversie politiche: La successione del Dalai Lama può essere oggetto di dispute politiche, come nel caso dell’attuale Dalai Lama e della Cina che rivendica il diritto di nomina.
– Confronto: Anche qui si ha un concetto di continuità spirituale tramite la reincarnazione, che assicura che “se ne faccia un altro”, ma con una modalità molto diversa da quella elettiva o ereditaria del papato.
In tutti e tre i casi, come nel detto italiano, si manifesta l’idea che la guida spirituale o politica non si interrompe con la morte di una persona, ma continua attraverso un successore, sebbene le modalità e le implicazioni culturali e teologiche siano molto diverse.
Ma visto che l’Universo è in continuo movimento, perché ci ostiniamo a volerlo uguale?
Alessandro “cocioale”
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